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30 agosto 1888 – Agli Alpinisti delle Marche e dell’Umbria : Buio Verticale Gruppo Speleologico C.A.I. Gubbio
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Acquisizione a schermo intero 11072014 172637Articolo che descrive la visita alla Grotta di Monte Cucco del 30 agosto 1888 scritto da Serafino Serafini e pubblicato su “L’Unione Liberale” di Perugia, Anno VII, Numero 220, martedì-mercoledi 25-26 settembre 1888

Dall’Appennino, nella parte più centrale fra le Marche e l’Umbria, si solleva a metri 1550 sul livello del mare il Monte Cucco, che quantunque abbia la sua cima di circa 300 metri inferiore a quella del Catria, che egli è vicino e che tutti sovrasta, pure richiama maggiormente l’ammirazione degli Alpinisti, poiché l’escursione vi è più variata e più allegra. Infatti i bizzarri costumi dei molti pastori, le loro capanne, le immense masserie di pecore e cavalli che in questa stagione incontri ad ogni tratto, t’offrono tale novità, che la salita ti è meno faticosa. L’Eremo di S. Benedetto, dove quei pochi Reverendi, ancora rimasti offrono cortese ospitalità, sorge a mezzo una balza, in modo che veduto di lontano dà l’idea di un nido di rondine attaccato ad uno scoglio. Guadagnata la cima del monte viene dal petto un sospiro di soddisfazione e girando intorno e lontano lo sguardo si vedono quasi tutte le Marche e l’Umbria, i loro villaggi, il mare. Quanti affetti, quante idee, quanti ricordi di gioia e di materia si ridestano lassù!…

E vorreste essere Poeta per esprimere ciò che assale la mente e il cuore; vorreste essere pittore per ritrarre l’impressione di quel vasto orizzonte. Ti senti insomma ebbro, e mai più ti partiresti da quel luogo si delizioso.

Ciò che rende più interessante l’escursione al Monte Cucco è la gita alla sua grotta realmente incantevole. Immense e innumerevoli sono le sue stallatiti e stallagmiti che la rendono un bizzarro museo di architettura, scultura e ornati che mentre migliaia e migliaia contano i loro anni, pure sono sempre in costruzione. Questa grotta à la sua apertura a Nord-Est del monte ed è all’altezza di circa 1300 metri. Per andarvi bisogna ricorrere all’aiuto delle mani onde salire e scendere alcune scogliere non facili a praticarsi. L’entrata poi intimorisce un poco, perché si presenta a guisa di un pozzo che si scosta di circa 30 gradi dalla verticale, cosicchè per i primi 28 metri è all’uopo affidarsi all’aiuto di una fune assicurata ad un alberello che per fortuna si trova all’imbocco. Si comprende quindi che la cosa non è da pigliarsi a gabbo, ed oltre ad essere impresa del sesso forte, ci vuole un po’ di coraggio, buoni muscoli e l’addome non troppo sviluppato.

Non accenno poi alle molte precauzioni che occorrono per non ricevere sul capo il saluto di qualche sasso che potrebbe sdrucciolare mentre siete lungo la gola. Superato questo ostacolo, con torce a ventoo con lumi di bengala v’internate della grotta, e dopo ricevute meravigliose impressioni, dopo letto sulle pareti nomi con date anche remotissime e recenti dei visitatori, dopo avere osservato che la grotta ora si trasforma in immensi cameroni di cui a mala pena si arriva a discernere la volta, ed ora il passo diventa angusto, giungesi finalmente in un vasto allargamento creduto le colonne d’Ercole di quel luogo.

Quivi mi trovai coi miei fratelli Vincenzo, Paolo e Gino, col signor Giovanni Lucarelli e col signor Giocomo Ubaldini di Scheggia il 30 agosto prossimo passato. Sulla sinistra di questo vasto camerone vi è una piccola apertura che si sprofonda giù, e che da tutti era creduto inaccessibile.

Desideroso di esplorare quell’apertura pregai quelli della compagna che aspettassero, e con Vincenzo provai di mettermi dentro alle segrete cose. Si ebbe molto a lavorare, ma alfine, e con le mani e coi piedi riescimmo con nostra meraviglia in un luogo vasto e che non finiva lì. Allora? Andiamo avanti dissi e camminammo per venti minuti mala grotta non finiva. A noi, sprovvisti di bussola pareva di camminare in senso opposto all’entrata. Procedevamo fra il timore che ti assale, sii pur coraggioso, trovandoti nelle viscere della terra ed in luogo sconosciuto, e la speranza di scoprire qualche cosa di nuovo; quando, osservando bene, ci parve di essere tornati nella grotta percorsa prima. Pareva di non poterci persuadere di ciò che vedevamo, e camminammo ancora, ma dopo poche centinaia di metri vedemmo la luce del giorno; corremmo a quella direzione e ci ritrovammo all’imbocco della grotta. Allora confusi e meravigliati mio fratello ed io ci guardammo in faccia e senza lasciarci prendere da trepidazione di corsa, c’internammo per ritrovare i compagni, e li chiamavamo a squarciagola, ma la nostra voce si perdeva ripercossa dalle volte di quegl’immensi cameroni. Finalmente sentimmo rispondere ed io dissi ai restanti della comitiva di venire avanti, ma essi vedendo le torce in gran parte consumate e credendo che avvanzandosi si sarebbero allontanati dell’uscita, invece di prendere verso noi volevano riprendere la strada fatta prima, finchè li persuasi a darmi retta facendo loro credere di aver trovato una sortita dalla parte opposta a quella dell’entrata.

Non è a ridire quale fosse la meraviglia e la sorpresa provata da essi quando s’accorsero dell’inganno, quando videro la luce del pozzo con la fune che ci aveva aiutati nella discesa.

Uscimmo a riveder le stelle, e quivi cercammo di spiegare quanto ci era sembrato meraviglioso, e dopo breve discussione dovemmo concludere: che la grotta s’interna nel monte per un tratto, percorso il quale si offrono al visitatore due aperture, l’una a destra grande che è quella presa fin qui da tutti, l’altra piccola ed in alto, fin qui intentata, perché non veduta. Entrando per la grande apertura la grotta non s’interna nel monte in linea retta; ma s’incurva tanto che descrive un cerchio; ed il luogo fin qui creduto il non plus ultra della grotta è poco lontano dall’imbocco della medesima .

L’egregio prof. Bellucci ha con molta maestria, e con vivi colori dipinto le meraviglie che là dentro si osservano, voi, o Alpinisti delle Marche e dell’Umbria che certamente conoscete questo scritto, sarete persuasi quanto detta grotta meriti essere veduta nella sua realtà, quindi io, a nome specialmente di mio Padre, già veterano fra gli Alpinisti, propongo a voi:

1° Di migliorare l’ingresso rendendolo accessibile a tutti, cosa che del certo non richiede gran spesa;

2° Di esplorare bene la grotta e metterla per quanto è possibile in rilievo planimetrico ed altimetrico.

Serafino Serafini

2 Responses so far.

  1. Francesco.Q ha detto:

    Bellissima! Come lo stupore degli esploratori di Jules Verne…

  2. Mauro Mattei ha detto:

    fantastica….

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