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Alla scoperta della Grotta degli Orneti : Buio Verticale Gruppo Speleologico C.A.I. Gubbio
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Ingresso (Foto Mirko Berardi)

29 luglio 2013

Poggio Foce, Parco Regionale del Monte Cucco

È un giorno caldo d’estate quando con l’amico Euro Puletti decidiamo di andare alla ricerca della Grotta degli Orneti, una piccola cavità conosciuta dai pastori locali, esplorata e descritta da Euro stesso anni orsono e non ancora catastata ufficialmente, situata nei colli alle spalle di Villa Col de’ Canali.

Il meteo non ci incoraggia molto e mentre saliamo lungo una vecchia carrareccia nuvole minacciose si addensano sopra le nostre teste regalandoci un po’ di fresco sollievo alternato a fredde goccioline d’acqua che di tanto in tanto ci raggiungono portate da folate di vento tiepido.

Di tornare indietro non se ne parla, chi se ne frega se piove, al massimo ci darà una rinfrescata. Dopo circa mezz’ora di cammino lungo la strada acclive ma comoda il meteo sembra essersi persuaso a concederci un’occasione e così raggiungiamo la Serra dove, mi racconta Euro, si trovava fino a non molto tempo fa la “Capanna de Martelino” che, seppur anziano si recava ogni giorno qui con le sue pecore, una capanna fatta di ginestre, come ce ne erano molte un tempo nelle nostre campagne, rifugio per i pastori dalla calura dei giorni estivi e dagli acquazzoni. Un tozzo di pane, un pezzo di formaggio secco e un boccione di vino al fresco da mescolare con l’acqua della fonte per placare l’arsura.

La Capanna de Martelìno (Foto Euro Puletti)

La Capanna de Martelìno (Foto Euro Puletti)

Mi sembra ancora di sentire l’eco di quella vita semplice ma serena i cui ritmi erano scanditi dalle stagioni e dalla natura, benevola e ostile al tempo stesso, i visi scuri per il sole segnati dalla fatica e poi la quiete di questi luoghi modellati dalla costante e operosa presenza umana ora abbandonati, deturpati o spogliati della loro storia.

Da un lato l’abbandono delle campagne e delle montagne ha favorito una rinascita della vegetazione e il ritorno della fauna locale che ora sta riconquistando gli spazi un tempo occupati dall’uomo, ma dall’altro lato si sta perdendo una porzione importantissima della nostra storia, il rapporto tra l’uomo e la montagna, secoli di conoscenza popolare tramandata oralmente che sta per scomparire inesorabilmente… ma forse non è questo il tempo e il luogo per parlarne.

Saliamo lungo la cresta fino quasi alla vetta del Poggio Foce dal quale si gode una stupenda vista della Valle del Chiascio. Inutile dire che passeggiare per i nostri monti in compagnia di un esperto come Euro equivale ad intraprendere un viaggio fantastico tra natura, storia, tradizioni, leggende, aneddoti… insomma un enorme piacere per uno come me che ha la curiosità di un bambino cinque anni e una voglia di scoprire e di esplorare che non si è mai sopita.

Camminiamo lungo la cresta osservando il paesaggio e la vegetazione alla ricerca di un segno che ci indichi il punto esatto dove scendere per lo scosceso pendio alla ricerca della grotta. Non è affatto semplice, la fitta vegetazione ha ormai occultato ogni segno del passaggio umano e l’abbandono delle campagne da parte dei pastori ha contribuito al rimboschimento. Piccole pareti rocciose si alternano al prato cespuglioso costringendoci a dei continui cambi di direzione per aggirarle.

Nonostante Euro abbia visitato già questa grotta (scrivendo anche una relazione che riporterò a seguito di questo piccolo racconto) e ricordi bene la sua ubicazione, la vegetazione cresciuta rigogliosamente nel frattempo rende il nostro incedere incerto e caotico fino quasi ad indurci a rinunciare all’impresa.

Ma si sa la determinazione viene sempre ripagata e, giunti nei pressi di un dirupo che si getta in un ripido fosso, Euro riconosce finalmente il luogo e dall’alto mi da indicazioni mentre io scendo alla ricerca della fantomatica grotta. Pareti e rupi, androni, cespugli e rovi, terreno scosceso e scivoloso, cosa c’è di meglio per rompersi l’osso del collo, ma ormai siamo vicini, tutte le indicazioni coincidono, deve essere qui…

E infatti spostato qualche cespuglio intravedo un sentiero orizzontale, un sogno dopo tanto scendere e salire, da sopra Euro continua a darmi indicazioni mentre io frugo tra i cespugli come un cane da caccia.

Eccola, caspita è più grande di quanto avevo immaginato, corro come un pazzo verso l’ingresso noncurante dello strapiombo alla mia destra, è lei… un’occhiata frugale e corro ad avvertire Euro che sente le mie grida dal basso ma non riesce a raggiungermi, torno su arrampicandomi sul versante scosceso e insieme troviamo una via più comoda per scendere.

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Foto Mirko Berardi

Finalmente ci siamo arrivati, è un’emozione anche per Euro che la prima volta era stato accompagnato qui dal padre Ivo, grande medico ed esperto conoscitore di queste montagne. Ci riposiamo un pochino, è stata una faticaccia, nel frattempo approfittiamo per scattare qualche foto, prendere la posizione esatta con il gps e fare un rilievo.

Ci inoltriamo nella cavità cercando di capire se vi sono prosecuzioni praticabili, sul fondo spostiamo dei sassi e sembra che si possa procedere ancora avanti per qualche metro ma non c’è aria, inoltre la conformazione della grotta (originatasi probabilmente a causa di uno scollamento dovuto ad una piega anticlinale) e la natura della roccia (a quanto pare Scaglia Bianca) non alimentano molto le nostre speranze.

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La strettoia (Foto Mirko Berardi)

Mentre fuori imperversa un temporale approfittiamo per passare del tempo all’asciutto della grotta cercando di scrutare in ogni angolo alla ricerca di tracce amane o animali e di comprendere meglio la natura della cavità e le sue possibili prosecuzioni. Non sembrano esservi iscrizioni o segni di frequentazione antica, che probabilmente si trovano sepolti nel pavimento terroso, all’interno della grotta notiamo però delle rocce nere fittamente stratificate che ad una prima occhiata potrebbero somigliare a pezzi di carbone, resti di antichi focolari, mentre in realtà trattasi probabilmente di frammenti di roccia del Livello Bonarelli che deve presumibilmente passare nelle immediate vicinanze o all’interno della grotta.

L’androne in cui si apre la grotta è ampio e rivolto a sud-est circondato da pareti a strapiombo alte circa 15 mt, l’ingresso è largo 13 mt e alto circa 7 mt, a circa 5 mt dall’imbocco la galleria, che prosegue in direzione nord-evest, si restringe anche se mantiene dimensioni discrete: 2 mt di larghezza per 1,20 mt di altezza e prosegue così per altri 7 mt fino ad una condotta stretta, 60 cm per 70 cm di altezza, che si restringe gradualmente fino a diventare impraticabile; oltre lo sguardo non riesce a penetrare ma si intravede un piccolo foro di poche decine di centimetri di diametro parzialmente ostruito dai detriti, chissà se un giorno qualcuno avrà voglia di vedere se oltre c’è qualcos’altro da scoprire.

Si sta facendo buio e approfittiamo di una tregua del maltempo per riprendere la strada verso casa, il terreno bagnato e la vegetazione fitta rendono la risalita ancor più faticosa della discesa e ci persuadono di effettuare le nostre future incursioni nella grotta partendo dal basso e cercando di raggiungerla dall’abitato di Caprile che non sembra troppo distante.

Arrivati in cresta la discesa è semplice e veloce agevolata anche dalla soddisfazione per aver finalmente ritrovato dopo tanti anni una grotta che seppur modesta è ricca di storia e tradizioni e che magari anche grazie al nostro piccolissimo contributo non scomparirà dalla memoria delle future generazioni.

Il cielo plumbeo annuncia un imminente temporale, ma qualche passo ancora e siamo alla macchina, è stata una bella esperienza, siamo stanchi, tutti “raspati”, ma soddisfatti…

Mirko Berardi

di seguito l’articolo scritto da Euro Puletti pubblicato sul Corriere dell’Umbria, venerdì 6 luglio 2007

Costacciaro A Villa Col dei Canali c’è una cavità inesplorata

“Alla scoperta della Grotta degli Orneti”

Costacciaro – La Grotta degli Ornéti, una cavità carsica inesplorata sulla montagna di Villa Col de’ Canali. Quasi al vertice altimetrico del versante orientale del monte Poggio Foce (m 876 s.l.m.) di Villa Col de’ Canali (tradizionalmente meglio conosciuto come La piana), nella locale Scaglia rosata, si apre un vasto antro, conosciuto con i due nomi dialettali di Grotta degli Ornèti (Villa Col de’ Canali) e ‘L Forno (Caprile).

Il primo dei due nomi di grotta allude alla presenza, in tutta l’area prossima alla cavità, d’una formazione boschiva ad Orniello (assenza arborea predominante, assieme al Carpine nero ed all’Acero minore, presentantesi, quest’ultima, in forma caratteristicamente arbustiva e spinescente), il secondo si riferisce, invece, alla conformazione dell’androne, che richiama alla mente la bocca di un grande forno.

Conosciuta, da tempo immemorabile, dalle popolazioni pedeappeniniche di questo tratto di montagna, come mostrano gli esigui frammenti ceramici, che sovente affiorano dai depositi terrosi, o fra i caotici massa di frana, del suolo della grotta, essa servì da rifugio a montanari e pastori, sorpresi da improvvise piogge o bufere di neve.

Durante l’ultimo conflitto mondiale, poi, per sfuggire all’arruolamento forzato imposto dai nazisti, vi si stabilì, temporaneamente, un uomo del comune di Costacciaro.

In piena estate, giovani pastori di capre vi si spingevano spesso a recuperare i loro animali “ammeriggiati” nelle frescure della cavità, o rifugiatisi per passare la notte al sicuro dai lupi, visti più volte transitare, in questo luogo, dai pastori di Caprile.

La grotta possiede, altresì, un certo interesse scientifico, poiché vi sopravvive una relitta e “disgiunta” colonia di Geotritoni (sorta di salamandre di grotta), insieme ad insetti cavernicoli, quali tricotteri, dolicopode, aracnidi, e coleotteri ipogei.

Quanto ai mammiferi, va segnalato la presenza di tassi, istrici e volpi. L’Allocco e la Civetta sono, invece, i rappresentanti più diffusi dell’avifauna locale. Molto comuni, come in ogni cavità, risultano, infine, i chirotteri, cioè i pipistrelli.

La grotta, tuttavia, non termina con il pur bello androne iniziale. Esso dà, infatti, adito ad una galleria, chiaramente impostata su di una faglia, con direzione generale nord-ovest e sud-est, la quale si addentra nella montagna per circa 10 metri, restringendosi, però in maniera progressiva, fino a terminare in un cunicolo impraticabile, che, tuttavia, varrebbe comunque la pena tentare di superare, anche se pare non riscontrarvisi alcuna circolazione d’aria.

Insomma, proprio una bella avventura addentrarsi all’interno di questa straordinaria grotta. Ma attenzione, visti i pericoli, sempre meglio farsi accompagnare da mani esperte che da queste parti di certo non mancano visti gli intenditori, gli esperti e gli amanti del mondo naturalistico.

Euro Puletti

 

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2 Responses so far.

  1. Mauro Mattei ha detto:

    Bellooooooo…Grazie Mirko, grazie Euro….Bella avventura

  2. Francesco.Q ha detto:

    emozionante! complimenti ragazzi… la nostra natura ha ancora tantissime cose da svelarci…

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