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EISKOGELHÖHLE: LA NOSTRA AVVENTURA NEL GHIACCIO : Buio Verticale Gruppo Speleologico C.A.I. Gubbio
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P927172026-28 ottobre 2014

Mt. Eiskogel, Werfenweng, Austria

Eiskogelhöhle, questo nome per la maggior parte delle persone non è niente di più di una strana parola che non si riesce a pronunciare, e questo valeva anche per noi fino a qualche settimana fa.

Ma torniamo indietro di qualche mese.

Era giugno quando, per una strana combinazione di eventi, veniamo in contatto con degli speleologi tedeschi del gruppo Chiemgauer Höhlenbären e.V., in vacanza a Monte Cucco per visitare le grotte della zona. Mirko si rende disponibile ad accompagnarli un giorno in grotta e, per sdebitarsi del favore, estendono a tutto il gruppo Buio Verticale, l’invito di accompagnarci in una grotta austriaca chiamata Eiskogelhöhle.

All’inizio ci siamo fatti qualche risata scherzando sull’impossibilità di pronunciare un tale nome, fino a quando, colti dalla curiosità, siamo andati a cercare su internet informazioni su questa benedetta grotta.

Lo stupore è stato tanto quando abbiamo scoperto che si trattava di una grotta al cui interno erano presenti enormi quantità di ghiaccio, che la rendevano uno spettacolo della natura unico nel suo genere.

Così, presi dall’euforia di poter visitare tale bellezza, stabilendo insieme agli amici tedeschi la data del viaggio, abbiamo cominciato ad organizzare la trasferta.

Finalmente si parte.

Sono le 5.30 della mattina quando a Gubbio mi incontro con Elisa, Mirko, Arca, Fabrizio, Gian Luca ed Evelin. Il tempo di caricare i bagagli e via spediti verso i punti di randez vous con Tommaso, Americo, Mauro e Lara. Alla fine saremo in 11 ad affrontare questa avventura.

Il viaggio è lungo, considerando le soste metano per la macchina di Arca, le soste cibo, le soste birra, e così via, alla fine raggiungiamo intorno alle 17 il paese di Werfenweng, circa 50 km a sud di Salisburgo.

Siamo un pochino stanchi dal viaggio ma, al parcheggio, incontriamo alcuni speleo tedeschi che ci accompagneranno l’indomani e così, di fretta e furia, prendiamo gli zaini (che pesano come macigni) dal bagagliaio, ci allacciamo gli scarponi e in pochi minuti siamo già sul sentiero verso il rifugio.

Il meteo non è dei migliori, infatti ci accompagna una pioggerellina fastidiosa e, mentre lasciamo il bel paesaggio verdeggiante di valle, davanti gli occhi ci si scopre il profilo della montagna che andremo ad affrontare. Un monte che all’apparenza sembra cattivo, con una vetta biforcuta che insieme alla nuda roccia, mostra ampie chiazze di neve.

Di certo ci sarà da divertirsi.

Sappiamo che per arrivare al rifugio Dr. Heinrich Hackel Hütte (1531 m.s.l.m.), dovremmo affrontare più di 500 m. di dislivello.

Il comodo sentiero che attraversa i verdi pascoli, molto presto si trasforma in una sorta di salita quasi priva di tornanti che non lascia tempo di riprendere fiato. Il gruppo si scompatta, e ognuno con il proprio ritmo intraprende la salita.

La pioggia aumenta, così finisce che dopo poco più di un’oretta siamo tutti al rifugio dove ci aspettava la restante parte del gruppo degli amici tedeschi.

Pochi minuti per posare gli zaini nella camerata, e via tutti riuniti davanti la stufa con delle belle birre ghiacciate per ristabilire i liquidi persi durante la salita.

In poco tempo viene servita la cena, con piatti i cui nomi stento a ricordare. Mentre divoriamo ogni sorta di salsiccia, wrustel o altra roba austriaca, cerchiamo di capire dagli amici tedeschi cosa ci aspetta il giorno successivo in grotta.

L’unica cosa che risulterà chiara saranno i 600 m. di dislivello da percorrere in almeno due ore per arrivare alla Eiskogelhöhle, meraviglia della natura come ci ricordano le numerose foto appese lungo i corridoi dell’Hackel-Hütte.

La mattina successiva sveglia presto, improbabile colazione austriaca con un mix dolce-salato che mi porterò sullo stomaco per almeno due ore, e via si parte.

La maggior parte del gruppo tedesco è partito prima, mentre noi ci aggreghiamo dopo.

La salita comincia a farsi sempre più ripida, e gli zaini sempre più pesanti. Qualcuno di noi riesce a tenere un buon passo, qualcuno rimane un po’ più indietro. È giusto non forzare per evitare di arrivare in grotta già stremati.

Finalmente svalichiamo la parte più ripida, e il paesaggio tipicamente alpino non fa rimpiangere neanche minimamente lo sforzo fatto per arrivare fin lì.

Dopo un’ora e mezza circa, arriviamo davanti la grotta, non capendo perché i tedeschi ci avevano detto che erano necessarie due ore e mezzo.

Pochi minuti e siamo tutti pronti ad entrare in questa fatidica, bellissima, ma ancora misteriosa cavità.

Entriamo dopo il gruppo tedesco che intanto è andato avanti ad armare alcuni pozzi.

L’ingresso presenta un cancello ed alcuni cartelli che non ho capito cosa volessero dire, dopodiché un’improbabile scaletta di ferro attaccata non so dove discende il pozzetto di ingresso.

Percorriamo il primo tratto, affrontando scale di alluminio in parete attaccate anche quelle non si sa come, traversi con corde del ferramenta ancorate su chiodi da roccia di trent’anni fa.

Nessun problema, si va avanti.

La grotta tutto sommato è abbastanza grande e comoda finchè, attraversato un breve passaggio stretto, entriamo in quella che è la Sala dei Titani, che come suggerisce il nome stesso è di dimensioni veramente importanti.

Attraversiamo tutta la sala fino ad arrivare nel punto dove finalmente troviamo il tanto atteso ghiaccio.

Indossiamo i ramponi, e con qualche incertezza iniziale ci infiliamo in una piccola condotta in discesa che ci porterà chissà dove. La sensazione è strana. Ghiaccio in grotta, ramponi in grotta, cose che per tutti sono novità assolute, che allo stesso tempo ci rendono euforici.

Eccoci arrivati al primo pozzo, dove non ci sono spit o placchette ancorate alla solida roccia ad aspettarci, ma solo chiodi avvitati nel ghiaccio azzurro. L’esperienza è unica!

Ci troviamo circondati da enormi concrezioni di acqua ghiacciata alte decine di metri, mentre il pavimento e parte delle pareti sono ugualmente ricoperte da un grosso strato di solido ghiaccio.

Scattiamo qualche foto, facciamo qualche ripresa, mentre tutti noi, forse un po’ impacciati con i ramponi scherziamo sul fatto di non scivolare sul pavimento anche in discesa.

Affrontiamo su corda una condotta in pendenza, grande, larga, neanche a dirlo ricoperta di ghiaccio. Il cuore batte forte mentre gli occhi cercano di andare oltre quello che il casco illumina. Un frazionamento ed ecco che si apre un altro spettacolo ai nostri occhi.

Una grandissima sala con una serie di cascate ghiacciate altissime, che risplendono di riflessi azzurri alla luce dei nostri caschi. Continua la discesa lungo questo tappeto di ghiaccio fino ad arrivare alla base di queste imponenti formazioni cristalline.

La meraviglia risplende sui volti di tutti noi che, come dei bambini ci aggiriamo ad esplorare tutta la zona come se fosse un parco giochi.

La grotta continua con formazioni altrettanto belle ed imponenti. Mai vista una cosa del genere.

Quale scatto, poi una foto di gruppo.

Il freddo comincia a farsi sentire e così qualcuno di noi riprende la strada del ritorno. Risalire un pozzo di ghiaccio è cosa tutt’altro che semplice. Si scivola e bisogna capire come mettere i ramponi per evitare di danneggiare la corda.

Riprendiamo la strada dell’uscita, fermandoci qua e là a fare qualche foto.

Usciamo dalla parte di ghiaccio, ritorniamo nell’immenso salone dei Titani, fino a raggiungere la scaletta di uscita.

I tedeschi sono dietro di noi, così ancora presi dall’esperienza appena vissuta, ci cambiamo e carichiamo gli zaini sulle spalle. La discesa per il ritorno è lunga.

Il rifugio Hackel-Hütte ha il sapore di una ricompensa. Il sole splende e, appena arrivati, ci godiamo il panorama e il tepore del sole con in mano una bella birra.

Ci raggiungono gli amici tedeschi che piano piano si aggregano a noi così, dopo una foto di gruppo, andiamo tutti insieme a cena.

Il menù è fisso, un piatto nepalese (come d’altronde è il cuoco), un bel dolce leggero come un macigno, e fiumi di birra e buon vino che abbiamo portato sia per l’occasione, sia perché era il compleanno di Mauro.

La serata vola, attraverso linguaggi internazionali, che vanno da un mix italiano-spagnolo, fino ad arrivare ad un improbabile inglese.

È una festa nel vero senso della parola.

I saluti la mattina seguente sono veloci. Siamo tutti un po’ stanchi, e il lungo viaggio di ritorno non ci consente purtroppo di prendere le cose con troppa calma.

Scendendo verso il parcheggio, lasciamo quel panorama incantato che il sole scaldava, immergendoci nella nebbia del fondo valle che, una volta arrivati alle macchina ci impedisce di girare lo sguardo verso quel monte che tanto abbiamo amato per questi fantastici due giorni.

Un saluto ed un ringraziamento particolare ai nostri amici tedeschi per averci regalato questa occasione, in particolare a Günther che, da quello che ho capito, è stato il vero artefice di questa avventura.

Ragazzi, comunque sia andata, il carro armato lo abbiamo vinto noi!!

Marco Puletti

Guarda tutte le foto su: https://www.flickr.com/photos/buioverticale/sets/72157648272990642/

Categories: blog, slide

3 Responses so far.

  1. Mauro Mattei ha detto:

    Si il carro armato lo abbiamo vinto NOI…grazie anche alla nostra punta di diamante Pablitoarca corteggiato da tutti i gruppi del mondo…
    Grazie Günther.
    Grazie Mirko.
    Grazie a tutti voi amici Tedeschi e Italiani…

  2. giorgioberettini ha detto:

    Bravi.. quanto rosico!!

  3. fabrizio p ha detto:

    Grazie a te polputo e grazie a tutti per la fantastica esperienza e Giorgio ne faremo altre.
    P.S. con MAGYMBU ne vinceremo altri di carri armati….

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