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La Grotta di San Donìno : Buio Verticale Gruppo Speleologico C.A.I. Gubbio
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01 agosto 2013

Parco regionale del Monte Cucco, Umbria

È un caldo pomeriggio d’agosto quando il telefono squilla.

Ci sono scelte difficili nella vita, il fresco e comodo divano dopo una mattinata faticosa o una passeggiata per i monti… Se non fosse Euro che me lo chiede la scelta sarebbe scontata, e poi l’idea di tornare alla Grotta di San Donino già visitata molti anni fa proprio con Euro mi piace.

Si si, oggi ci si scrolla di dosso la pigrizia che l’afa acuisce e si va alla scoperta delle meraviglie della natura.

Puntuale arriva Euro e si parte, parcheggiata la macchina ci incamminiamo per il sentiero che a dire il vero tanto sentiero non è visto che la vegetazione ha occultato tutti i segni del passaggio dell’uomo. Solo una lieve traccia ci guida tra ginestre, cespugli e rovi, il percorso è a tratti agevole, a volte intricato. Risultato, a parte la fatica, una compilation di graffi più o meno sanguinanti e una quantità di spine infilzate addosso che farebbero invidia a un’istrice.

Naturalmente il percorso è allietato dalla consueta dose di chiacchiere e discorse sui temi più disparati, dai massimi sistemi del’universo alla Salvia glutinosa, dalle grotte alle donne e via dicendo.

Il percorso lungo il greto del torrente è un po’ accidentato, l’inverno è stato intenso e i rami e gli alberi caduti ci costringono a continue deviazioni. Qualche breve tratto in arrampicata, l’ultimo aiutandosi con la vecchia corda messa da Euro stesso anni addietro per facilitare la ripida risalita.

Ci siamo, l’ampio androne si apre di fronte a noi in tutta la sua maestosità, e pensare che è praticamente sconosciuto ai più e poco visitato anche se le tracce di assidua frequentazione nel passato sono evidenti.

Qualche attimo di relax, qualche chiacchiera ancora, il tempo di fare alcune foto e si riparte.. percorso di ritorno agevole e condito con le consuete conversazioni sulla natura, sulla vita, la storia, la speleologia e chi più ne ha più ne metta..

Insomma un’altra giornata alla scoperta dei misteri della montagna in ottima compagnia..

Alla prossima avventura.

Mirko Berardi

P.s. di seguito è riportato lo scritto dell’amico Euro Puletti nel quale si descrive proprio la Grotta di San DoninoIMG_7359

 

La Grotta de San Donìno o Grotta sotto la Pìgnola

(Monte Cucco, loc. Mostraculo. Tav. Costacciaro F. 116 II SO.
long. 0° 16’ 27’’ E, lat. 43° 21’ 55’’ N, altitudine m 750 s.l.m. Roccia in posto: Maiolica)

Al termine d’una breve forra ascendente, si apre la Grotta de San Donìno. Il suo ingresso, cupuliforme, domiforme (raggiungibile con un tempo di percorrenza di circa 50 minuti) di prospetto, è alto intorno ai venti metri, mentre lo sviluppo spaziale interno della cavità si aggira sui 35 m per una larghezza massima di 25 m circa.

La grotta dal suolo in salita, digrada lentamente in altezza, dai 20 m iniziali ai 15 m della porzione centrale sino agli 8 di quella terminale. Il fondo della cavità si presenta come uno zoccolo rialzato fatto di colate calcitiche e di stalattiti smantellate dall’erosione o asportate dall’uomo in epoca antica.

Interessante questa parte della grotta per le alghe rosse che tappezzano le umide pareti terminali e per la roccia crivellata dall’intenso stillicidio dei mesi favorevoli alle precipitazioni meteoriche. Interessanti risultano pure talune colate calcitiche presenti nel settore iniziale sinistro della cavità, poco prima di una rientranza rocciosa.

Sempre da questo lato, poco dopo oltrepassato l’ingresso sono da notare due artefatti umani consistenti in altrettanti incàvi sovrapposti, realizzati a forza di scalpello nella viva roccia calcarea, ed atti ad ospitare travature per tettoie. Vicino a queste incàvi vi è, poi, una canaletta, che doveva servire a raccogliere l’acqua di stillicidio della cavità, convogliandola in modesti bacini di raccolta.

Sotto questa porzione della grotta pietre esigui resti di pietre acconce lasciano intravedere i vestigi d’antichi rifugi pastorali od eremitici. In quest’area, chi scrive reperì, in superficie esigui frammenti d’antichi laterizi e di vasellame. Poco oltre questa zona, prima della succitata rientranza rocciosa, i resti di un muro a secco ci parlano dell’antichissima frequentazione, specie a scopo pastorale di questa cavità, la quale, benché si intraveda dal monumento ai caduti di Costacciaro, resta di non facile accessibilità.

I pastori d’un tempo, per renderne più pervio l’accesso crearono un sentierino accosto alla parete sinistra della grotta, sentierino superante un esiguo passo roccioso, attraverso un piccolo muro a secco di sostruzione, ancor oggi visibile. La grotta servì da luogo per far “ammeriggiare” le greggi, specie quelle di capre.

Essa è assai luminosa, asciutta e calda e, proprio per questo, la vegetazione è riuscita a colonizzarla fino a circa metà della sua lunghezza. Un orniello vi cresce quasi al centro, un raro alloro (Laurus nobilis), vegeta poco distante dal citato orniello.

La marcia di ritorno dalla grotta presenta qualche rischio, rischio legato essenzialmente al fondo, scosceso e sconnesso, a causa della presenza di caotici massi di frana. Tale cavità è stata formata dal Fosso dell’Acqua Ghiacciata, o da un suo affluente, il quale precipitando in forma di cascata ha, per erosione regressiva, scalzato il piede della parete rocciosa alla cui base si infrangevano le sue acque, creando violenti vortici e spruzzi.

Mancando di sostegno, gli strati rocciosi soprastanti sono precipitati per forza di gravità facendo ampliare l’ambiente fino a far raggiungere ad esso le dimensioni attuali. Poco sotto l’antro, il Fosso dell’Acqua Ghiacciata, che 300 m più in alto, sempre al piede di un risalto roccioso, ha formato la Grotta de Sant’Agnese, si raccorda da sinistra al Torrente Fossa Secca, che è qui molto interessante per la presenza di ammoniti fluitate da corso d’acqua in règime di piena, per la presenza del faggio a bassissima quota, vegetante assieme al leccio, al frassino ed a piante di ciliegio selvatico (Prunus avium).

Molto abbondante, specie nella gola sottostante l’area di Campo la Croce, felci del genere Polypodium, dai nostri pastori chiamata “regolìzio”, a causa della radice edùle, dallo spiccato sapore di liquirizia. Molto presente, anche con individui di notevoli dimensioni, una bella euforbia (pianta dal lattice velenoso!), l’euforbia a foglie di mandorlo (Euphorbia amigdaloides). La marcia di ritorno dalla grotta necessita di circa 35 minuti di cammino.

La cavità è stata rilevata da Euro Puletti e Federico Smacchi il 18-8-2001.

Euro Puletti

2 Responses so far.

  1. Mauro Mattei ha detto:

    che bello leggere queste cose e soprattutto queste cose sul sito BV che lo colorano sempre di più dandogli sempre più corpo e spessore…grazie ragazzi….

  2. Francesco.Q ha detto:

    Sono sempre interessantissimi i tuoi studi Euro

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