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Lo squadrone del Fondo Franco : Buio Verticale Gruppo Speleologico C.A.I. Gubbio
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24 aprile 2016

Fondo Franco, Grotta di Monte Cucco, Costacciaro (PG)

“In una giornata tutt’altro che favorevole per una escursione in montagna…” sono le parole con cui, parlando di una delle sue visite alla grotta di Monte Cucco, esordisce in un suo resoconto Gianbattista Miliani, uno dei pionieri nell’esplorazione di questa meravigliosa cavità, era una giornata di aprile di più di un secolo fa.

Queste stesse parole mi vengono in mente ripensando alla giornata appena trascorsa mentre il getto d’acqua lava via il fango e fa riemergere dalla massa appiccicosa e informe la mia attrezzatura.

Come ogni giorno che segue una “battaglia” sotterranea celebro il consueto rito della “pulizia degli attrezzi”, nell’ennesima lotta tra l’uomo e il fango stavolta siamo usciti sconfitti, impantanati all’inverosimile.

Il giorno dopo è sempre quello delle riflessioni e dei bilanci, vittoriosi o sconfitti, ammaccati o in gran forma, si azzera tutto lavando via il fango e i pensieri, restituendo agli attrezzi e all’esperienza vissuta il colore e il valore originali.

Questa giornata certamente rimarrà incisa nella mia memoria, così come le esperienze e le emozioni vissute, come il fango, il freddo, le lunghe attese, le risate e i miei compagni di avventura.

Ma partiamo con ordine.

Durante la settimana un febbrile scambio epistolare ha infuocato i nostri telefoni, alla proposta di Claudio abbiamo risposto in tanti, alla fine saremo in nove, l’organizzazione è impeccabile, tutti sono pronti e carichi, c’è chi ha portato da mangiare per un esercito, chi ha preparato intrugli iperenergetici alla Fantozzi, chi ha già ironicamente depositato le sue memorie chiedendo di essere tumulato sul fondo, chi piuttosto che risalire vorrebbe trovare un improbabile scappatoia acquatica dalla sorgente di Villa Scirca, chi ha fatto carte false per essere presente dormendo pochissimo o rischiando incidenti diplomatici in famiglia.

Una leggera pioggerellina e l’immancabile venticello ci accolgono a Pian di Monte, punto di partenza ormai consueto per le nostre scorribande nella Grotta di Monte Cucco, l’obbiettivo: raggiungere il fondo della “Buca”, il Pozzo Franco (così chiamato in onore di Franco Giampaoli, del GS CAI Perugia, primo a raggiungere il fondo il 2 aprile del 1969).

Siamo tanti, forse troppi per un’impresa del genere, ma è in queste occasioni che si vede la forza di un gruppo, il tempo è dalla nostra parte (domani è festa), il meteo un po’ meno, dopo un mese di caldo primaverile, questa giornata quasi invernale sembra una maledizione.

Parte del gruppo è già avvezzo ad esperienze simili, per altri si tratta di un’occasione per mettere alla prova le proprie capacità, per tutti il Pozzo Franco è una prima volta. Si perché il “fondo vecchio” della Grotta di Monte Cucco (il fondo nuovo, o dei “Briganti”, è di pochi metri più profondo) non attrae molti visitatori, forse per le scarse possibilità esplorative, forse per la mole impressionante di fango o per gli armi “esplorativi”, o semplicemente per il fatto che è sempre disarmato e portarsi laggiù almeno duecento metri di corda non è comodissimo.

Noi approfitteremo delle indicazioni e degli armi rifatti lo scorso anno dagli amici perugini (Matteo e Lorenzo che sono stati tra gli ultimi a scendere il pozzo in occasione del nuovo rilievo) e della corda di Tommaso, lasciata lì a disposizione dopo l’ultima volta che siamo stati al Fondo Miliani, questo ci faciliterà di molto l’impresa.

Questa corda in realtà ha ormai una storia e quasi una vita propria; 200 mt da 9mm in un grande sacco giallo, come in una sorta di speleo-staffetta ce la passiamo con gli amici perugini ormai da due anni: la prima volta l’abbiamo portata giù noi e l’abbiamo usata per riarmare il Pozzo X, poi disarmando l’abbiamo riportata fino al Saracco, da lì loro l’hanno riportata giù per armare il Pozzo Franco e poi lasciata in testa al pozzo, luogo dove la ritroveremo per riutilizzarla per la discesa del pozzo medesimo.

Ci siamo ripromessi di portarla fuori questa volta e riconsegnarla al legittimo proprietario, trasportarla tutta intera (bagnata e infangatissima) sarà impresa ardua, ma partiamo con le migliori intenzioni, si vedrà.

Ma torniamo a noi… Nonostante la pioggia sia leggera arriviamo all’ingresso comunque un po’ bagnati, ci cambiamo ed entriamo nella pancia della montagna, il passo è buono, l’entusiasmo alle stelle, siamo determinati a raggiungere la meta.

In poco tempo scendiamo la successione di pozzi che porta verso il fondo, molti già armati, alcuni riarmati da noi la settimana scorsa durante un sopralluogo.

Ci aspettiamo che ci sia un po’ d’acqua dopo le piogge dei giorni scorsi, ma solo al PX abbiamo la conferma.

A circa due terzi del pozzo si passa sotto una vera e propria cascata, la doccia gelida è assicurata, scendiamo veloci nel vano tentativo di bagnarci il meno possibile.

Una breve sosta, scendiamo anche l’altro saltino che ci permette di raggiungere le ampie gallerie inclinate che portano in cima al Pozzo Franco, qui troviamo come previsto la corda e cominciamo ad armare mentre il gruppo si compatta.

Scendo per primo, armo trascinandomi dietro il grosso e pesante sacco pieno, il frastuono dei sassi che rotolano nel pozzo è impressionante, non so perché ma mi aspettavo uno scivolo fangoso e mi ritrovo sotto i piedi un pozzo maestoso, dopo un breve piano inclinato parte la prima calata in libera, l’armo un po’ disassato sulla destra, con la mia luce non riesco a scorgere che la parete che ho di fronte e il nero sotto di me che sembra non finire mai… Devo decidermi a cambiare lampada!

La combinazione tra pulegge del discensore finite con corda da 9 infangata è micidiale, fila che è una meraviglia, i miei piedi toccano terra dopo forse 40-45mt, due cose sono certe: il pozzo è stupendo e devo cambiare le pulegge!

Continuo a scendere lungo il piano inclinato, cerco gli armi ma non riesco a scorgerli così scendo ancora, troppo, qualcosa non mi quadra, dovrebbe esserci un frazionamento, risalgo un po’ trascinandomi dietro il sacco che pesa come un ragazzino di 10 anni.

Ecco finalmente i fix sulla destra, la mia luce perde i colpi e non riesco ad individuare bene gli ancoraggi, così chiedo aiuto Mauro che mi da una mano.

Frazionamento a tetto, altro scivolo ultimo tiro in libera, a sinistra vecchie piastrine in alluminio (marce) residuo di un vecchio traverso ormai inutilizzabile, la corda arriva esatta in fondo al pozzo, ultimo scivolo, un laghetto, siamo arrivati.

Aspetto un attimo gli altri, poi preso dalla curiosità mi infilo a destra seguendo la galleria che scende, qui incisi nel fango i nomi dei primi esploratori del GS CAI Perugia, era il 2 aprile 1969, accanto ad essi pochi altri i nomi.

Dopo poco mi raggiungono Mauro, Valerio, Claudio e Fabrizio. Decidiamo di lasciare un piccolo segno della nostra presenza scrivendo anche i nostri nomi nel fango.

Gli altri sono un po’ indietro così cominciano a girovagare tra strettoie e sifoni sabbiosi, infine ci infiliamo nello stretto pertugio a sinistra dove una vecchia corda annodata indica una prosecuzione.

La quantità di fango cresce in maniera esponenziale man mano che si scende, ci infiliamo a destra seguendo un piccolo rivolo d’acqua e troviamo un’altra corda con nodi, per sicurezza gli affianchiamo la nostra.

A terra i resti di vecchie scalette in ferro, un passaggio più stretto poi una lunga e scivolosissima galleria inclinata termina in uno specchio d’acqua dopo circa una quarantina di metri, scendere senza rotolare giù è un’impresa, ognuno ha il suo stile, sembra una gara di slittino.

Di fronte a noi uno specchio profondo d’acqua, oltre non si può andare, in questa stagione il livello si alza di molti metri e l’ultimo tratto di gallerie non è percorribile perché allagato.

Ci guardiamo attorno meravigliati, la galleria è cosparsa di bellissime formazioni di fango, foto di rito, poi cominciamo a risalire strisciando come goffi salmoni lungo il pendio sdrucciolevole.

Arca, Francesco, Marta e Sara ci attendono all’uscita della biforcazione dove battute e risate accompagnano i nostri tentativi di uscire dalla strettoia infangata in salita, per qualcuno sarà come una seconda nascita.

Mangiamo qualcosa, foto di gruppo in fondo al Pozzo Franco, poi cominciamo lentamente a risalire.

Il pozzo scarica abbastanza, manteniamo le debite distanze di sicurezza. Prima di partire cerchiamo di pulire al meglio gli attrezzi, racchiusi in un agglomerato compatto di melma, i bloccanti infangati non fanno bene il proprio lavoro, si sale a singhiozzo.

Ci siano trattenuti fin troppo, siamo tantissimi, il tempo trascorre impietoso, siamo completamente bagnati, il freddo si fa sentire, sarà una lunghissima risalita.

Mentre mi godo gli ultimi minuti in fondo al pozzo mi trovo a riflettere su tante cose, certamente il primo pensiero va a Marco, amico e compagno di mille avventure, trasferitosi nella lontana Australia, con il quale progettavamo da tempo di scendere il Pozzo Franco e che oggi è lontano migliaia di chilometri.

Il secondo pensiero va a tutti gli altri amici che non sono potuti venire e aspettano impazienti nostre notizie (chissà se vedendoci tardare si preoccuperanno) e al nostro gruppo, che in poco più di tre anni di attività sta raggiungendo dei grandi risultati ed è sempre più coeso, non è cosa di tutti i giorni portare 9 persone quaggiù, di certo non sarà un record ma è sicuramente una bella impresa (concedetemi un piccolo slancio di orgoglio).

Salendo disarmo facendomi aiutare dagli altri a recuperare la pesantissima e lunghissima corda da 200 che, anche per questa volta, rimarrà purtroppo filata nel sacco in cima al pozzo. Siamo troppo carichi e magari sarà la scusa per tornare di nuovo in queste fangose parti.

Arrivati al PX un altro intoppo ci rallenta, l’acqua che scorre lungo il pozzo sembra aumentata e prima di salire dobbiamo aspettare che si liberi la parte “acquatica” per non attendere sotto la doccia gelida il nostro turno, i tempi si allungano. Il bagno gelato è comunque garantito, da qui in poi la risalita sarà una lotta contro il freddo.

Affrontiamo il Gitzmo, il morale è alto, c’è chi canta e chi cerca di mantenersi caldo durante le frequenti attese, il gruppo è molto nutrito, il tragitto lungo, un mix micidiale…
Ci aspettiamo a vicenda, ognuno sale col proprio ritmo, cerchiamo di rimanere compatti e di dare una mano a chi è più stanco o in difficoltà, nessuno ci cronometra, saliamo costanti ma con calma. Siamo entrati tutti insieme, usciremo tutti insieme.

Dal Saracco in su gli ultimi pozzi hanno il sapore di casa, ci ricongiungiamo in prossimità dell’uscita, sui volti infreddoliti, infangati e stanchi si legge la soddisfazione per l’impresa ormai compiuta.

Scaricata la tensione c’è spazio anche per le battute: c’è chi annuncia il proprio ritiro dall’attività speleologia, chi ha già messo in vendita l’attrezzatura su e-bay, chi minaccia di togliere l’amicizia a chi proverà ancora a proporgli una cosa del genere… L’umore è alto.

L’ora è tarda, tardissima, sono le 4 del mattino, siamo dentro da quasi 19 ore.

Facciamo scommesse sul meteo che ci aspetta fuori, al PX l’acqua sembrava aumentata quindi probabilmente ha piovuto molto, percorrendo i cunicoli in fondo al Terni ne abbiamo avuto la conferma, rispetto a questa mattina c’era molto più scorrimento.

Ci cambiamo prima di uscire, pronti per la pioggia, ma all’esterno ci aspetta una sorpresa… niente pioggia, al suo posto una bella bufera di neve. Il percorso di ritorno in mezzo alla tormenta, bagnati, carichi come muli e con un vento bestiale ve lo lascio solo immaginare.

Arrivati alle macchine ci infiliamo dentro di corsa, accendiamo i riscaldamenti a palla e i fari per indicare agli altri la via da seguire, la visibilità è pessima.

Le ultime lucine compaiono all’orizzonte, dopo pochi minuti, siamo tutti, un saluto fugace, si torna a casa, è stata una giornata lunga e intensa, in terra ci sono già alcuni centimetri di neve gelata… E pensare che ieri ho smontato le termiche!

Un’esperienza bella e folle allo stesso tempo, di certo non la dimenticheremo facilmente.

Mirko B.

Guarda tutte le foto su: https://www.flickr.com/photos/buioverticale/albums/72157677171259026

Categories: racconti, slide

2 Responses so far.

  1. Mauro Mattei ha detto:

    Grazie a tutti voi compagni di avventura. Marcolino, mi/ci sei mancato…Questa avventura la dedico Lara, a tutto il gruppo BV CAI Gubbio, ai compagni di avventura, a Marcolino e a Franco Giampaoli.

    Che esperienza…rimarrà stampata nel mio cuore e nella nelle mie memorie…

  2. fabrizio p ha detto:

    Scusate il ritardo ma ancora so tutto rotto.
    Ogni uscita un esperienza unica , e se si raggiunge un bel obbiettivo come questo con un gruppo cosi vale doppio.
    Per chi non c’era non vi preoccupate lo rifaremo , magari però non mi chiamate!!!!
    Scherzo ragazzi CHIUCHIUMIOOOOO

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