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Nuove esplorazioni a Buca Futura : Buio Verticale Gruppo Speleologico C.A.I. Gubbio
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26 dicembre 2018, Santo Stefano

Buca Futura, Monte Cucco, Costacciaro (PG)

L’esplorazione di una grotta non può dirsi mai conclusa finché rimangono energie e idee nei suoi esploratori…

Così può dirsi, anche e soprattutto, per una grotta “ostica” come Buca Futura, la cui esplorazione è l’esempio della caparbietà e dell’intuito di chi l’ha dapprima scoperta e poi lungamente esplorata.

Io fortunatamente faccio parte di quelle persone che hanno vissuto in prima persona una parte dell’esplorazione di questa grotta, tra i suoi angusti cunicoli sono cresciuto speleologicamente e sono certo che sia stata per me anche una grande palestra di vita.

Dopo alcuni anni di continue conquiste e dopo aver raggiunto un’estensione ragguardevole, che ne fa la quarta grotta umbra per sviluppo orizzontale, la sua esplorazione è andata via via rallentando fino a raggiungere un momento di stallo.

Molti dei punti interrogativi sul rilievo erano stati già cancellati, troppo complicata e dispendiosa l’esplorazione, troppe poche le energie, sempre meno persone disposte a fracassarsi le ossa per andare a togliersi una curiosità.

Così per anni non ci siamo più tornati, la mia ultima volta era stata quattro anni fa… altra testa, altra condizione fisica e mentale, altre persone con me all’epoca.

Quattro anni sono un lungo periodo per ricaricare le batterie e per pensare a quei puntini di sospensione lasciati lì ad aspettare.

La folle idea di tornare a vedere lassù in cima la covavo da tempo, le persone che mi spronavano ad insistere per trovare una prosecuzione nel luogo più lontano e faticoso da raggiungere non ci sono oggi, alcune sono lontane ma le porto sempre con me nelle mie avventure.

Oggi ci sono altri amici e amiche con me, quasi tutte fortunatamente ignare di ciò che le aspetta. In settimana l’idea lanciata di andare in grotta per Santo Stefano alla quale molti nel gruppo hanno aderito, occasione ghiotta per buttare là un idea che girava da tempo… torniamo a Buca Futura.

Quasi nessuno tranne Mauro e Valerio sa a cosa andremo incontro, siamo in sette alla fine, oltre a noi tre “veterani” ci sono Claudio, Michele, Moira e Asia; io sono l’unico che conosce bene la grotta.

Alle 9:00 appuntamento consueto al Bar Le Bighe di Scheggia, poi tappa a Sigillo alla pasticceria Le Camille per incontrare gli altri, il termometro segna -3°C, cielo terso, splendida giornata invernale quasi senza vento.

Sacchi in spalla e si parte, lo sguardo rivolto all’orizzonte dove si vedono nitidissime le cime di montagne lontane centinaia di chilometri; i Sibillini, il Terminillo e l’Amiata sembrano così vicini da poterli toccare.

Lungo il tragitto incontriamo alcuni canaloni pieni di neve che ci tagliano la strada, proviamo ad attraversare il primo ma la neve è tremendamente ghiacciata, tra imprecazioni e pericolosi scivoloni, per fortuna senza conseguenze, riusciamo a superarlo ma decisi a non ripetere l’esperienza siamo costretti ad effettuare numerosi saliscendi lungo i prati.

Mentre cammino mi tornano alla mente tutte le volte che ho percorso questo tragitto: all’alba, al tramonto, di notte, in mutande per il caldo, imbacuccati per il gelo o con il vento che ci portava via.

In un lungo flashback riaffiorano tutte le emozioni che ho vissuto in questi luoghi, tutte le scoperte, le giornate infruttuose, i volti raggianti o stanchi degli amici che con me le hanno vissute, tutte le volte che questa grotta ci ha accolto, tutte le volte che ci siamo incastrati, le volte che ci ha ciancicato e sputato fuori infangati infreddoliti, pieni di lividi e con le ossa doloranti. Quante tute strappate, quante belle giornate.

Arriviamo all’ingresso che si vede a stento, la neve lo ricopre quasi interamente e un piccolo rivolo d’acqua si infila nel buco rimasto, mi vengono i brividi solo a vederlo.

Ci cambiamo con titubanza, Mauro cerca di dissuaderci un’ultima volta ma non c’è niente da fare, si entra.

A volte le grotte diventano dei miti e Buca Futura è famosa per le sue strettoie. La sua fama non è immeritata, alcuni passaggi, sebbene un po’ “addolciti”, sono dei veri e propri “setacci”, se sei più spesso o lungo di un tot non passi.

Questo è il suo grosso limite, superata una certa zona non può andare storto nulla, non ti puoi fare male, non puoi finire le energie.

La grotta non ha grandi dislivelli e in pratica una gran parte (specie il ramo principale) è percorribile senza imbracatura aiutandosi con alcune corde con nodi messe per facilitare la progressione, in alcuni tratti la corda serve per evitare altre strettoie o per aiutare a uscirne… questa volta siamo tutti “smilzi” e tentiamo la via stretta.

Tentiamo perché non so come reagiranno i miei compagni di avventura, per alcuni di loro è la prima volta in grotte strette e ci sta che qualcuno a un certo punto dica basta.

Obbiettivo ambizioso della giornata è arrivare alla Sala degli Specchi, forse la zona più lontana dall’ingresso ma anche la più promettente, dove una bella galleria ricoperta di gesso scintillante termina nel nulla di fronte a un muro… non può finire così, lo diciamo da tempo, ma non abbiamo mai avuto le energie, i mezzi e forse le idee giuste per trovare una prosecuzione.

Forse siamo in troppi per arrivare in forze lassù e tentare un saggio di disostruzione ma l’entusiasmo è alto e la squadra agguerrita.

Mentre trascino il sacco con un minimo di attrezzatura lungo la prima parte stretta sento le espressioni di  stupore di Moira intervallate da imprecazioni di Mauro che mi segue.

Mi fermo ogni tanto ai pochi bivi o nei passaggi più complessi per ricompattare il gruppo, poi dopo il primo tratto stretto ci ritroviamo tutti insieme, vedo facce tranquille ed entusiaste, si va avanti.

La grotta si allarga e comincia a salire, poi si stringe ancora, dato che non abbiamo portato l’attrezzatura passiamo per la condotta della neve, ripido budello in salita con un paio di strettoie niente male, l’ultima me la ricordavo più larga o forse ero io più in forma.

Di nuovo qualche imprecazione, qualche ginocchio che scrocchia, qualche attimo di scoraggiamento, un dentino di roccia che rende ostico il passaggio per chi ha le spalle un po’ più larghe, niente che una mazzetta e uno scalpello o un incoraggiamento non possano risolvere.

Aspetto che passino tutti, poi saliamo, un attimo di paura per un sasso che rotolando giù colpisce Claudio a una gamba, ma a parte il livido e la paura per il successivo scivolone sembra che sia tutto ok.

Ci siamo, sono le 13:00 circa, ecco la galleria per me più bella della grotta, tonda, levigata un’ultima piccola risalita e siamo nella sala terminale… non può finire così.

Salendo abbiamo sudato, lungo i cunicoli nemmeno un filo d’aria, qui invece fa freddo, in cima la sala chiude nel gesso, l’ultima volta abbiamo tentato un saggio di scavo, pensavamo di avere buone possibilità di passare a breve ma ora che mi trovo qui davanti a questa stretta fessura sono perplesso e deluso.

Però siamo in tanti, proviamo a togliere un po’ di roba, un po’ di detriti, chissà…

Dopo una mezz’oretta mi faccio dare il cambio, è stretto e scomodo e francamente sono un po’ demotivato, sono le 14:00, tra mezz’ora andiamo, ma non può finire così.

Nell’ultima saletta non c’è aria quasi per nulla, è caldo, guardo intorno, nulla, torno indietro, un passaggio basso, poi di nuovo freddo, questa cosa  non mi convince.

Intuizione, istinto, botta di culo, chiamatela come volete, a volte succede qualcosa di magico… provo a spostare dei sassi, vengono via facilmente, li passo a Claudio che nel frattempo mi ha raggiunto. Si apre un piccolo buco, un sassolino rotola giù, insistiamo un pochino, si vede una piccola prosecuzione, poche decine di cm, togliamo a fatica un sasso più grande, non riesco a vedere, Claudio ha una prospettiva migliore… prosegue ca..o!!!

Urge piede di porco mazzetta e scalpello, chiamo gli altri poco distanti, arrivano rinforzi, togliamo via gli ultimi sassi, si apre una piccola galleria tonda, io da sopra non riesco a vedere bene, Claudio dice “si passa” ed io “vai prova”.

Entra… attimi di trepidazione, lo interrogo con ansia… prosegue! Si sentono esclamazioni di gioia e stupore, non ci penso neanche un secondo, entro…

Un soffitto di gesso scintillante, una piccola condotta che via via si ingrandisce. In fondo vedo e sento Claudio, attimi di pura gioia… “cavolo che abbiamo trovato!!!”

Andiamo avanti senza grandi ostacoli, un camino lì, un pozzetto là, siamo estasiati, in fondo alla prima galleria (forse di 50m) acqua, dei laghetti color smeraldo un piccolo meandro semi-attivo e una strettoia, Claudio si infila, io rivolgo le mie attenzioni a un camino di 3-4 metri, tondo, di circa 80cm di diametro che sale, mi arrampico, è tappato da una frana sospesa sopra la mia testa, tra i massi scorgo del nero.

A questo punto ogni persona con un pizzico di raziocinio avrebbe evitato di stuzzicare una frana di entità ignota ferma lì non si sa come, in un luogo lontano, in cui anche i sorci avrebbero timore di fare la fine a loro stessi spesso attribuita.

Ma mi tremano le mani dall’emozione, guardo meglio senza toccare nulla, dietro i sassi un vuoto ampio, valuto l’entità del deposito, c’è un sasso più grande ma credo che non ci sia poi così tanta roba.

Muovo un sasso, poi un altro, dei sassolini mi rotolano in testa! Per un attimo mi torna alla mente un famoso episodio del cartone in cui Will E. Coyote cerca di catturare il Road Runner facendogli crollare addosso dei macigni incastrati sopra uno stretto passaggio, naturalmente il meccanismo da lui ideato non funziona, i massi rimangono incastrati e Beep Beep fugge via. Il Coyote arrabbiato cerca di capire perché non c’è stato l’atteso crollo fino a che esasperato fa la scelta meno sensata: si mette sotto la frana e prova a “scatizzarla” con un lungo bastone… ovvio il risultato, ma poco prima di essere spiaccicato ha un attimo di lucidità e si domanda “ma cosa diavolo sto facendo?”.

Ecco è proprio quello che sto pensando, per fortuna l’esito è ben diverso… sasso dopo sasso mi creo un varco sicuro, faccio cadere gli ultimi sassi, Claudio aspetta al riparo, pulisco dai detriti, il passaggio è libero. Il buio mai illuminato si squarcia: una sala, due o tre gallerie che continuano. Mi fermo un attimo ad aspettare il mio compagno di avventura, è il suo compleanno, quale regalo migliore può ricevere uno speleologo.

La voglia andare a chiamare gli altri è grande ma l’istinto di esplorazione è più forte, gli altri staranno certamente già arrivando erano dietro di noi, sentiamo i rumori, la via è semplice, andiamo avanti.

Prima da una parte, chiude, poi dall’altra, l’ampia galleria sembra arrestarsi di fronte a un blocco di gesso e  dei massi franati. Infilo la testa in una spaccatura, un grande vuoto sopra di me, la mia lampada non riesce a illuminarlo, l’eco delle nostre grida risuona oltre lo stretto varco.

Non riesco a passare, anzi si, “mamma mia che abbiamo trovato”, rimaniamo un attimo attoniti a guardare l’ampia sala, certamente la più grande di tutta la grotta.

Piccola arrampicata, continua ancora, una bellissima colata di calcite in fondo ci indica un ramo attivo, non abbiamo materiale per risalire il pozzetto di 7-8 metri (sarà per la prossima). Più avanti la galleria stringe e continua in discesa, uno scivolo pieni di massi di frana che sotto i piedi rotolano giù, in fondo dopo circa 10mt chiude… o forse no!

Sposto due sassi, il pavimento crolla sotto i miei piedi, per fortuna la galleria è stretta e riesco a stare in opposizione, dal varco aperto si vede che la galleria continua e i sassi rotolano in uno specchio d’acqua ma la frana incombente e un masso incastrato rendono rischioso scendere.

Valutiamo il da farsi e mentre torniamo indietro vediamo arrivare le luci degli altri, uno ad uno salgono estasiati, forse qualcuno neanche si rende conto di cosa abbiamo trovato perché è la prima volta che viene in questa grotta e vede tutto come nuovo. Ma la scoperta è considerevole, oltre 200m di nuove gallerie e sale così ampie, un risultato eccezionale.

Comunque non siamo sazi e decidiamo di provare a togliere un po’ di massi per alleggerire la frana terminale e vedere se si passa. Formiamo una catena umana e in un’oretta circa spostiamo un bel po’ di sassi, Valerio in testa è inarrestabile, alla fine riesce a scendere fino all’acqua, ma il passaggio sifona e l’acqua è molto profonda, bisognerà riprovare forse a tornare nella stagione secca.

Sono le 16:00 ed è ora di tornare indietro, passando a ritroso diamo ancora qualche occhiata per vedere se abbiamo tralasciato qualche passaggio ma non sembra ci sia molto altro a parte un paio di punti dove bisognerà tornare attrezzati.

Ora il percorso di rientro sembra più leggero anche se la stanchezza a tratti si fa sentire.

In un’oretta e mezzo di contorsioni siamo fuori, ammaccati ma felici. Fa freddo, sono 0°C, ma non c’è vento, il cielo è stellato e le luci dei paesini della “fascia” sono stupende. Restiamo alti per evitare i canaloni di neve e dopo qualche scivolone sul prato siamo alle macchina.

Un brindisi di rito al caldo mentre fantastichiamo sui nomi da dare alle nuove parti di grotta, siamo tutti un po’ acciaccati ma felici.

Tra qualche giorno i muscoli non faranno più male, i lividi scompariranno, il ricordo di questa fantastica esplorazione durerà molto più a lungo.

Mirko B.

Di strettoia in strettoia

01 maggio 2019

Lo sguardo di Mauro stamattina, quando si è affacciato alle porte del Bar di Scheggia, dava un chiaro messaggio: “perché mi son  fatto convincere anche questa volta ad andar a Buca Futura?”.

Soprattutto il tempo non prometteva e mezz’ora di avvicinamento sotto quella pioggerellina, significava entrar in grotta già bagnati ed infreddoliti.

Ma il resto di noi era speranzoso che la montagna non ci cacciasse via. E abbiam ben sperato.

La temperatura a Pian di Monte non è delle più gradevoli, ma almeno ha smesso di piovere.

Al bar avevamo deciso di bypassare la Condotta della Neve risalendo un pozzo di una trentina di metri. Di conseguenza, una volta vestiti abbiamo diviso le imbracature in tre sacchi, uno dedicato all’attrezzatura e al cibo, uno al trapano e l’altro al materiale da rilievo e alcuni attrezzi di scavo. Non si sa mai, a Dicembre erano andati a far un giretto ed hanno trovato una zona nuova.

Lo scopo della giornata è proprio rilevare questa zona e fare una risalita, nella speranza di un eventuale prosecuzione.

Dopo mezz’ora di cammino siamo all’entrata della grotta. E’ la prima volta che varco l’ingresso di Buca Futura e lo faccio con un misto di curiosità, emozione e paura. Me ne hanno parlato spesso: bianca, immacolata e anche tanto tanto stretta. Quindi son curiosa di vedere questo budello di gesso, emozionata, anche perché alcuni componenti di Buio Verticale parteciparono alla sua esplorazione e ne parlano spesso, un po’ impaurita, perché anche se le strettoie mi piacciono, non so come potrei affrontare queste, che son quasi leggendarie.

La grotta pretende subito di prostrarsi ai suoi piedi, distesi a pancia in giù come chi deve prendere i voti. Poi inganna per un brevissimo tratto perché allarga, ma subito dopo di nuovo giù a far penitenza. Ma per fortuna il fondo di gesso e terriccio è morbido, e se ci si ferma a prender fiato si riesce anche a riposare.

Per diverse volte mi fermo a calmar quel fiato rotto, fino a che dopo un giramento di testa capisco che spingere il sacco non è alla mia portata, Claudio mi dà da bere, Mauro mi dà conforto e Valerio mi prende il sacco. Dopo una breve pausa riparto su per l’infinita Condotta dei Cristalli. Giù a carponi, poco, striscia, molto, vai su per le condotte in opposizione, striscia ancora e ancora, scivola, urla improperi e striscia ancora. E la condotta stringe e ti si chiude intorno e poi la grotta ti partorisce, sull’ultimo buchetto della condotta. Valerio fa l’ostetrico e tra tirarmi per le braccia e incitarmi a spingere con i piedi, mi aiuta ad uscire.

Piano piano siam fuori tutti, mentre Mirko è già avanti sulla Galleria Groviera. Dopo una breve discesa saliamo su verso il pozzo. A turno ci appendiamo alla corda, mentre chi rimane sotto si mette al riparo dalla inevitabile caduta massi. Star fermi mette freddo e per distrarmi chiacchiero con Valerio, naturalmente di grotte, forre e ancora grotte (la speleologia è una acqua che non disseta mai abbastanza).

Arriva il mio turno e vado su, impaziente di iniziare il rilievo. Ma prima bisogna passar per la condotta via Lattea arrivare alla sala degli Specchi e infilarsi in un buchetto. Io Mirko e Mauro rimaniamo a rilevare, mentre Claudio e Valerio vanno avanti con il trapano a provare la nuova risalita.

Prendo il palmare, mentre Mirko usa il distox. Mauro va avanti con il cartoncino del punto. Il rilievo a Buca Futura significa assumer posizioni da far invidia a un maestro Yoga, disporsi in tre come pezzi di un Tetris in una condotta e litigare con il palmare perché lo schermo si riempie di gesso e diventa sordo a qualsiasi forza gli venga impressa. Ma significa anche perdersi nella groviera e veder gli splay comporre un’affascinante trama fatta di gallerie, che neanche usando diversi colori per disegnare si riesce a districare.

Rilevando ci vien fame, soprattutto quando apro e richiudo il barattolo vuoto di Nesquik che ci fa da scafandro salva strumenti, ma che emana ancora un odore di cacao che stuzzica lo stomaco.

Addentiamo le pizze e ne approfittiamo per riposare un po’. Riprese le forze raggiungiamo gli altri che nel frattempo ci danno una brutta e una buona notizia.

La brutta notizia è che la risalita non ha portato a niente, la buona è che il livello di acqua del lago si è abbassato. Potrebbe essere un sifone. Ed ecco che si affaccia la possibilità di una nuova avventura esplorativa, visto che dobbiamo terminare il rilievo si cercherà di andar nel lago e veder se sbuca da qualche parte.

Rimettiamo tutti gli attrezzi al loro posto e ripartiamo per ritornare alla luce del sole, sperando che sia veramente così e che pioggia non ci accolga. Rifacciamo tutto il percorso al contrario, in gran parte più semplice dell’andata, perché in discesa.

Nonostante ciò dopo un ora e tre quarti e mille improperi siamo fuori. Che bello il sole, possiamo fermarci un po’ sull’ingresso sdraiati ad assorbire calore. Propongo una foto, perché voglio un ricordo di questa esperienza, tanto formativa, estremamente emozionante.

Buca Futura regala lividi e sudore, ma anche bellezza e nuove possibilità, che ti spingono a tornare.

E come dice Mauro: “chiamatemi la prossima volta che ci andate, eh, se no mi offendo!!”

Pina P.

Rilievo “seconda parte”

19 maggio 2019

Dopo due settimane siamo tornati, questa volta in quattro, io, Mattia, Claudio ed Asia. E anche oggi il tempo non ci accompagna, anzi, non ci vuole proprio, ma il motto della giornata è “mai una gioia”, quindi tuta e incerata ci dirigiamo verso Buca Futura.

Lo scopo di oggi è terminare il rilievo delle nuove condotte esplorate e dare un occhiata al lago nell’ultima sala per vedere se c’è una prosecuzione. Claudio sarà il fortunato che si farà il bagnetto, il resto di noi si occuperà del rilievo.

In realtà il bagno ce lo stiamo facendo tutti sotto questa fitta pioggia e già immagino che dovrò faticare il triplo una volta dentro, perché il fondo sarà umido e scivoloso e addio appigli per i piedi.

Siamo all’ingresso ed uno alla volta ci precipitiamo nella prima strettoia per entrare in sala Chiara. Qui appendiamo i nostri “hardshell” alle sporgenze della roccia e partiamo.

Arrivati alla sala dove c’è un secchio andiamo dritti, ma ad un certo punto incontriamo una corda… Abbiamo sbagliato strada, siamo sicuramente sul ramo Celodonta. Torniamo indietro ed imbocchiamo la via a destra del secchio e dopo vari tentativi, finalmente la galleria che ci porta nostro obiettivo.

Inizia lo spettacolo circense: all’andata abbiamo la donna cannone che viene sputata fuori dalla Condotta dei Cristalli con la sola forza degli improperi e al ritorno la contorsionista che si piega come uno StarTac, pronta per essere messa in valigia. Per fortuna c’è Claudio!

Percorriamo velocemente il bypass del pozzo delle Cannelle, la galleria Groviera e siamo sotto la corda misericordiosa, che ci eviterà altre strettoie. Mettiamo gli imbrachi e ed uno alla volta andiamo su verso la Via Lattea e verso la zona nuova che a dicembre Mirko e Claudio hanno trovato.

Prima di continuare il rilievo ci fermiamo nello stesso punto dell’altra volta a divorare i panini e riposare. Finito di mangiare prendo la scatola del Nesquik e tiro via il palmare, imposto il rilievo e partiamo. Sono estremamente impaziente di arrivare all’ultima sala, l’altra volta mi ero fermata prima. Voglio vedere la cascata ed il lago.

Sulla condotta che porta alla sala l’acqua scende copiosa, in seguito al maltempo e anche il rilievo segue il trend del “mai una gioia”. Mattia mette il cappuccio, io schivo le gocce per salvare il palmare e Claudio incide i caposaldi sulle pareti, perché il pennarello va in sciopero con tutta quell’acqua.

Arriviamo a destinazione. Mirko non esagerava dicendo che questa sala è grande quanto le sale di Faggeto Tondo. Ma ciò che mi colpisce di più è la cascata di calcite che si presenta di fronte, grigia azzurra con l’acqua limpida che la lambisce. Lascio per un attimo il rilievo e mi guardo intorno e penso a cosa hanno provato Claudio e Mirko quando l’hanno trovata, pensando di essere i primi esseri umani a metterci piede.

Finito il rilievo Claudio si prepara per scendere nel lago, che per fortuna, in seguito alla deviazione temporanea dello stillicidio fatta con Valerio, è sceso di livello. Giù per la condotta pieni di speranza, ma niente, non prosegue. Un po’ delusi torniamo indietro, mentre Claudio si ferma ogni tanto a cercare tra i cunicoli un motivo per ritornare.

All’uscita per fortuna non piove, ma il monte è coperto dalla nebbia… “mai una gioia!”.

A memoria ripercorriamo il sentiero del ritorno verso Pian di Monte, dove vedo una figura che ci viene incontro. Finalmente una gioia! E’ Mirko Puletti con le chiavi della casetta delle guide, dove al riparo dal vento io ed Asia ci cambiamo.

L’avventura Buca Futura finisce qui, o forse no…

Pina P.

Categories: grotte, racconti, slide

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