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Piccole fangose conquiste : Buio Verticale Gruppo Speleologico C.A.I. Gubbio
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12 febbraio 2017

Pozzo Torino, Grotta di Monte Cucco, Costacciaro (PG)

Solita domenica mattina: sveglia presto, zaino da preparare, cose da non dimenticare, corde filate nei sacchi fin dal giorno prima.

Giornata assolata senza vento, quasi primaverile, tappa al bar per prendere una pizza, poi diritto al rendez-vous con gli altri.

Oggi siamo una bella squadra dalle molteplici ambizioni, 14 per l’esattezza, destinazione Grotta di Monte Cucco, l’idea è quella di scendere il Pozzo Torino e di rivedere una vasta zona alla sua base.

Un bel sole, una leggera brezza, situazione inusuale in questa stagione a Pian di Monte… ma le nostre ossa ricordano bene il vento gelido e la pioggia che solo una settimana fa ci aveva accolto in questo stesso posto.

Sembra un’altra montagna, docile, amorevole, che ci invita ad esplorarla. Sacchi in spalla, si sale veloci, le ultime chiazze di neve ghiacciata punteggiano ancora il versante nord della montagna.

All’ingresso foto di rito, poi una moltitudine di esserini colorati spinti da qualche misteriosa forza si accingono a lasciare i tiepidi raggi del sole per inoltrarsi in un mondo buio e freddo in cui acqua e fango sono il condimento di ogni azione.

Ci dividiamo in squadre, con diversi obbiettivi, abbiamo un bel po’ di materiale da trasportare e, complice la voglia di scendere, la logistica all’inizio lascia un po’ a desiderare.

Alla Galleria dei Barbari ci ricompattiamo un po’ e mentre la “squadra del Pozzo Torino” avanza verso la sua meta, una catena di lucine continua a scendere lungo il Baratro.

Alla fine i gruppetti saranno tre, uno si fermerà alla Galleria dei Barbari, uno arriverà al salone Canin e l’altro scenderà il Pozzo Torino come previsto, ognuno realizzerà la propria piccola impresa giornaliera.

La cronaca pura e semplice di per sé potrebbe concludersi qui se la giornata non fosse ricca di tanti spunti che ognuno di noi potrebbe raccontare a modo suo: c’è Americo che dopo 35 anni torna al Canin, c’è chi non c’era mai stato, chi vede per la prima volta la Galleria dei Barbari e per la prima volta mangia una minestra in grotta, chi non si era mai infangato così tanto.

Era un bel po’ che volevo scendere il Pozzo Torino, sono passato sul suo ciglio decine di volte, tante volte ho guardato il rilievo cercando di immaginarne la morfologia. Oggi sono qui con un paio di sacchi attaccati sotto, corda in mano, inizio ad armare, Marta e Claudio seguono.

Morfologia strana, più che un pozzo somiglia a una grande spaccatura obliqua, larga e stretta, strano come me lo immaginassi diverso, sono sorpreso, quasi deluso, ma la singolarità dell’ambiente mi colpisce.

Finalmente in fondo… oppure no? Uno stretto pertugio verticale conduce in un piccolo ambiente più in basso, lascio con riluttanza la corda, poi valutato meglio che il pozzo non continui mi infilo di piedi.

Gorgoglìo d’acqua in un ambiente basso e largo, il primo passo carponi è il preludio di ciò che ci aspetta, fango e acqua oltre ogni ragionevolezza. Superata con agilità felina la prima pozza melmosa ci rendiamo conto che non sarà facile uscirne puliti e asciutti.

Di fronte ci si apre una piccola galleria in salita dove a tratti si riesce a stare anche in piedi, sul fondo e sui lati fango, come se ne trova solo verso il vecchio fondo del Cucco. Saliamo lungo lo stretto tubo di roccia gettando sguardi interessati ai tanti piccoli camini che si aprono sopra le nostre teste, poche le firme sulle pareti, tra cui quelle dei primi esploratori “Fausto e Felice 1981”.

A tratti la galleria si restringe, proprio in corrispondenza di belle pozze fangose in cui si sprofonda e in cui, neanche a dirlo, si è costretti a strisciare.

In cima alla galleria una pozza d’acqua con una cascatella che cade dal soffitto e una corda che sale per circa 20 metri, è vecchia ma sembra in ottime condizioni; la curiosità è più forte del timore, saliamo.

Un ambiente caotico e fangoso ci attende, siamo sotto una grossa frana, saliamo al livello superiore dove dei grandi ambienti di crollo ci accolgono, il terreno è cosparso di massi giganti da aggirare, poche impronte sul terreno, alcuni pozzetti in discesa, una corda che sale (una vecchia risalita che dalle indicazioni date dagli amici perugini chiude), la zona è interessante, certamente poco battuta.

Gli occhi faticano a riconoscere ambienti e forme nuove e inusuali; fantastichiamo un po’, facciamo congetture, poi dopo un’occhiata all’orologio decidiamo malvolentieri di tornare indietro, gli altri saranno già sulla via del ritorno, chissà se riusciremo a raggiungerli prima dell’uscita.

Scendendo scattiamo qualche foto, poche in realtà, prima che la macchina diventi una palla informe di fango. In discesa rompiamo gli indugi, siamo ormai infangati in ogni parte del corpo, ci buttiamo nelle pozze senza tanti scrupoli.

Strettoietta in salita, disarma Claudio, io salgo per primo faticando a capire dove e cosa siano gli attrezzi che ho addosso; il croll a volte non blocca, la maniglia quasi mai, bisogna tenerla ferma con un dito.

In cima mentre aspetto mangio un po’, ripulisco occhiali e lampada, ora c’è più luce, arrivano anche Marta e Claudio, recuperiamo le corde, infangatissime, distribuiamo i sacchi, un paio a testa.

Salendo e trascinando i pesanti fardelli la fatica lascia il posto alle fantasie sulle prossime uscite e al ricordo delle mille avventure vissute in questa grotta; ogni sasso, ogni impronta sembra familiare.

Passi lenti e brevi lungo la Burella, il respiro si fa grosso, il cuore veloce, i sacchi sembrano essere animati da una strana voglia di rimanere in grotta e si impigliano in ogni piccola increspatura della roccia, rallentiamo, non c’è fretta, abbiamo fatto un po’ tardi, non ci sono più luci lungo il Baratro.

Ripenso alle fatiche delle prime uscite in grotta, alla meraviglia quando vidi per la prima volta questi luoghi che ora sento come casa mia, alle lotte con il fango e il freddo per conquistare metri di nuovo buio.

Alla base del Baratro due bustine gialle e rosse appoggiate su un sasso sono il regalo dei nostri premurosi compagni di avventura… integratori energetici, li lascio agli altri, io mi abbevero alla cascatella sulla destra.

Pulisco come posso gli attrezzi, salgo cercando di sistemare al meglio i sacchi, cavolo se pesano, osservo l’esile linea bianca che si perde nel buio, sotto voci e luci amiche si avvicinano.

Il vapore sale dalla tuta, unico rumore a rompere il silenzio le gocce che colpiscono il casco, salgo ancora seguito da echi di rumori lontani, tra poco saranno qui, spengo la luce, aspetto al Perugia.

Movimenti misurati e precisi, conservo le energie, la fatica non è un problema, la conosco bene, è una compagna fedele, un piccolo crampo al braccio, è stata una settimana dura e la stanchezza a tratti si fa sentire.

Siamo quasi fuori, accelero un po’ il passo, sotto la scala sono solo, i sacchi da due diventano tre, un ultimo sforzo, saranno le otto e mezza di sera, ultima rampa, fuori.

Una luce bianca filtra tra le sbarre del cancello, abbagliante, per un attimo verrebbe da pensare che ci siano venuti in contro, invece è la luna, una palla luminosa che si staglia su un mare di nuvole candide.

Sto per prendere la macchina fotografica per scattare una foto, ma sarebbe impossibile immortalare un momento così magico… richiudo lo zaino, questa immagine rimarrà solo nei miei occhi.

C’è un venticello gelido, la temperatura è probabilmente di qualche grado sotto lo zero, passo veloce lungo il sentiero ghiacciato, in lontananza i fari delle macchine al parcheggio, magari ci stanno aspettando.

Alcune luci mi vengono in contro, alcuni compagni di avventura ci hanno aspettato, altri sono già in pizzeria; un saluto, qualche battuta, poi mi cambio, spogliarsi con questo gelo è un incubo, butto tutto in macchina poi scendo a valle per aspettare Marta e Claudio.

Due chiacchiere, una pizzetta al volo poi a casa.

Doccia, pigiama, letto, fatico a prender sonno, tante immagini e tanti pensieri in testa.

Domani è un altro giorno… e c’è un sacco di roba da lavare.

Mirko B.

Categories: racconti, slide

One Response so far.

  1. Francesco.Q ha detto:

    Grandi, bel racconto e bella avventura! 🙂

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