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La botola sul vento : Buio Verticale Gruppo Speleologico C.A.I. Gubbio
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22/24 novembre 2019

Cesi (TR)

La grotta è viva e respira, con i suoi tempi, lentamente, una volta all’anno completa un ciclo di inspirazione ed espirazione. Monitorare quel soffio vitale è un modo ulteriore per conoscerla, esplorarla e preservarla.

Sono concetti che in qualche modo avevo appreso da Fisica del Clima Sotterraneo di Badino, ma che volevo meglio capire, al di là delle formule, con un approccio più pratico. Quando Mirko ci ha detto del Corso di Meteorologia Generale ed Ipogea organizzato dall’OTTO Speleo CAI Umbria a Cesi, mi ci sono fiondata ed insieme a me, Mirko P. e Sara M.

Cesi ospita la sede del Gruppo Speleologico Terre Arnolfe e questa sede è il sogno di ogni speleologo, perché alzando una botola nel pavimento si accede alla grotta Eolia, abbassandola ci si siede a tavola a far due chiacchiere o si va in cucina a farsi un panino.

Quella stanza con la botola è stata la nostra casa per quasi tre giorni, li abbiamo mangiato, dormito e, visto che c’era una grotta, esplorato.

Venerdì pomeriggio sono iniziate le lezioni. Il direttore del corso ci ha presentato il docente, Gian Paolo Rivolta, uno speleologo di vecchia data che ci ha trascinati con la forza della passione nel suo mondo fatto di numeri, grafici, ma anche esplorazione ed avventura.

Con il suo aiuto siamo entrati subito nel vivo della termodinamica: aria, acqua, roccia e scambi di calore. Abbiamo capito che la condensa e l’evaporazione son dei fenomeni dispettosi che ribaltano i dati e fanno prendere abbagli e che l’aria si diverte a girare e cambiare direzione a seconda delle stagioni.

Il corso è andato avanti con una lezione sulla meteorologia esterna e mentre immagini di cumulonembi e cicloni si susseguivano sul muro, i nostri stomaci brontolavano stuzzicati dai profumi che provenivano dalla cucina. I cuochi ternani erano già all’opera, non c’era via di scampo:” prepariamoci all’ingrasso!”.

Appena finito di mangiare, da una parte avrei volentieri disteso il sacco a pelo per farmi una sana dormita, dall’altra avrei voluto godere della compagnia di quella bella gente per molto altro tempo. Ma anche loro erano stanchi e, andati via tutti, abbiamo preparato il pavimento per la notte.

Il giorno successivo è stata la volta della dimostrazione pratica. Ci siamo divisi in tre gruppi, quelli che venivano da lontano, come noi e i perugini, sono stati dirottati alla grotta di Sant’Erasmo, in cima, a monitorare la cosiddetta bocca calda, mentre gli altri due si son fermati più in basso alle bocche fredde, grotta del Risucchio e grotta Eolia. Lo scopo era confermare con il metodo della tappatura il potenziale speleologico enorme della montagna sopra Cesi e quindi capire se le tre grotte sono in qualche modo collegate.

Muniti di anemometro, opportunamente montato su un’asta, ci siamo avvicinati all’ingresso della grotta e abbiamo misurato in un punto la velocità dell’aria in uscita. Nel frattempo tramite ricetrasmittenti e cellulari eravamo collegati con le altre due squadre che dovevano tappare le bocche fredde, prima in maniera alternata e poi contemporaneamente. Se a tappatura corrispondeva una variazione della velocità avevamo la dimostrazione dell’esistenza dell’ipotetico sistema che si nasconde in quella montagna.

Purtroppo era una giornata ventosa e non siamo riusciti ad ottenere i risultati sperati. Il vento ci ha giocato un brutto scherzo, soffiando contrastava l’aria in grotta e l’anemometro dava velocità costante, sempre.

Un po’ delusi siamo scesi giù per continuare la lezione, ma Gianpaolo con la sua solita energia ci ha ributtato subito nell’argomento, non solo facendoci dimenticare la sconfitta, ma ribaltandola in vittoria, perché i risultati ottenuti ci han fatto capire e ragionare sull’effetto che il vento ha sui dati. La valanga di informazioni ci ha travolto per tutto il pomeriggio, quando abbiamo imparato la magia dei dati termodinamici, che ci permettono di scoprire da fuori cosa succede dentro.

All’arrivo dell’ora di cena, per non tradire l’andamento pantagruelico del corso, siamo andati tutti al ristorante distante un paio di chilometri dalla sede del CAI. Con Sara e Mirko abbiamo deciso di andare a piedi, sperando di perdere al ritorno qualche caloria di quelle che avremmo sicuramente guadagnato, ma la sorte avversa ha fatto piovere e quindi un’anima pia ci ha accompagnato alla sede in macchina.

Non saremmo mai riusciti a dormire con lo stomaco pieno e quindi abbiamo deciso di approfittare del pacchetto “speleo all inclusive” del nostro alloggio per visitare la grotta Eolia. Abbiamo lasciato un biglietto su uno dei tavoli per i nostri coinquilini “Siamo in grotta” e siamo entrati. La Eolia è piccolina, per adesso, ma in fase di esplorazione, all’interno ci sono diverse firme e date sui muri; ne ho viste alcune di inizio secolo scorso. A quanto pare ce ne sono di più vecchie perché anche questa come molte grotte è un luogo ricco di storia.

In tanti l’hanno esplorata per svelare l’ignoto e in tanti l’hanno utilizzata come rifugio. “Chissà quanti come noi hanno chiuso questa botola da fuori o da dentro” pensavo mentre io, invece, chiudevo la cerniera del sacco a pelo e gli occhi, verso l’ultimo giorno di corso.

La Domenica si è parlato di traccianti, abbiamo visto quali sono e come si usano e quali sono le conseguenze se si sbagliano le dosi: fiumi verdi fluorescenti e rifornimento idrico bloccato per mesi. Gian Paolo ci ha mostrato anche l’applicazione pratica della meteorologia in grotta tramite i suoi studi nel Parco di Campo dei Fiori, vicino Varese.

Una mezza giornata certamente interessante, ma che ho seguito un po’ a fatica, perché ormai avevo la testa piena di nuovi concetti e perché metà del mio cervello era sotto una doccia calda e tra le coperte di un comodo letto.

Un ultimo pranzo però ci attendeva prima dell’agognato riposo, durante il quale ci hanno consegnato gli attestati, tra abbracci, risate e qualche battuta goliardica.

Gian Paolo in questi tre giorni ci ha lasciato sbirciare da una botola socchiusa, ma non quella dell’Eolia, ma quella che si affaccia sulla sua conoscenza, per un tempo troppo breve per la vastità dell’assimilabile, ma sufficiente a darci la possibilità di interpretare il linguaggio della grotta che da millenni parla, respira e vive.

Pina

Categories: blog, slide

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