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L’Abisso Drenacrom : Buio Verticale Gruppo Speleologico C.A.I. Gubbio
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Foto Roberto Pettirossi

01 novembre 2017

Balze degli Spicchi, Monte Catria (PU)

Girano voci su questa grotta, si dice che sia stretta e fetente, che quando esci ti sia passata la voglia di tornarci per un po’… quelle voci sono vere.

Ci sono molte grotte sul Monte Catria, massiccio aspro e crudele, che non lascia molte porte aperte a coloro che vogliano addentrarsi nelle sue viscere. Gli indizi sono molti, ma per ora il maestoso complesso carsico celato all’interno della montagna rimane solo nell’immaginazione degli speleologi.

Ho sempre sentito parlare di questa grotta, che scende per quasi duecento metri sul lato ovest delle Balze degli Spicchi, ma malgrado si trovi proprio sopra casa mia non ho mai avuto modo di scenderla.

L’occasione favorevole finalmente si è presentata, da qualche mesetto un gruppo eterogeneo di speleologi provenienti da tutta Italia, capeggiato da Fabio Bollini, sta cercando di riaccendere le speranze esplorative in questa grotta e nell’intero Catria sotterraneo. Di questo progetto esplorativo facciamo parte anche io e i miei odierni compagni di avventura: Lorenzo, Roberto e Marta.

È il giorno dei Santi, la maggior parte degli amici è diretto al Raduno Nazionale di Speleologia a Finale Ligure, altri sonnecchiano al caldo nei loro letti, ma noi no, a noi piace soffrire.

Oggi finalmente dopo tanti rinvii e rinunce ci siamo, sono quasi emozionato, sono l’unico a non esserci mai stato in questa grotta, ma da un certo punto in giù sarà una novità per tutti.

Gli obiettivi di giornata sono molteplici: trasportare un po’ di materiale verso il fondo utili a stabilizzare la frana terminale, dare un’occhiata alla frana stessa e magari provare a fare un po’ di disostruzione e se ci avanza un po’ di tempo finire di fare il rilievo.

Appuntamento alle 7:30, partiamo presto per cercare di tornare a un’ora decente, saliamo fino a Pian d’Ortica dove ci cambiamo accarezzati dalla rigida brezza mattutina, per fortuna splende un sole tiepido.

Dopo il breve avvicinamento entriamo salutando lo splendido panorama mattutino; catene ininterrotte di montagne e colline a perdita d’occhio, illuminate da un sole basso e brillante lasciano il posto a bianche pareti calcaree.

Testa bassa, si striscia per cunicoli angusti fino ad una piccola saletta dove troviamo il materiale da portare giù, qualche tubo innocenti, che sommato al resto dell’attrezzatura che ci portiamo dietro ci ostacola e rallenta un poco.

La grotta è strettina e non migliora scendendo, i primi pozzi hanno un ingresso stretto e scaricano da morire, ci muoviamo con molta attenzione; passaggi in arrampicata, qualche strettoia ancora, altri bei pozzi. Non ci sono molti segni del passaggio dell’acqua, per ora sembra solo una maledetta spaccatura con sassi incastrati ovunque in bilico, un po’ inquietante ma dopo un po’ci si abitua.

Arriviamo al campo intermedio, da qui in poi la grotta è cosa nuova per tutti, ci togliamo l’attrezzatura e ricominciano le contorsioni, i sacchi si incastrano in ogni spuntone della roccia come se avessero una volontà propria, ma tutto sommato si va, ci diamo una mano a trasportare gli ingombranti fardelli nei punti più stretti che via via che si scende prendono nomi sempre più bizzarri e inquietanti.

Strettoie: che palestra per la mente! In una grotta che non si conosce intuire la dinamica dei passaggi non è sempre banale, la convinzione di passare è tutto, la tecnica fa il resto. Un movimento sbagliato, la spalla destra mi fa male, provo e riprovo ma non riesco, torno indietro e mi giro, passo, non era difficile.

Poi la grotta sembra cambiare direzione intercettando un altro piano di faglia ortogonale ben evidente, la roccia è sbriciolata. Nell’infilarci nella fessura che segue lo specchio di faglia urtiamo leggermente il soffitto con un sacco, alcuni massi in bilico ci piombano addosso, fortunatamente senza grosse conseguenze, ma la piccola frana non sembra avere intenzione di fermarsi… attimi di esitazione, c’è un bel po’ di roba incastrata lì sopra, anche di discrete dimensioni. Il gruppo è diviso in due, gli altri sono già avanti… aspettiamo un po’, liberiamo il passaggio, altro piccolo crollo, valutiamo la situazione, prendiamo fiato e decidiamo di continuare facendo molta attenzione. Un incidente qui? Meglio non pensarci…

È tempo di indossare di nuovo l’attrezzatura, siamo arrivati alla fatidica “roulette russa”, strettoia verticale con dei bei massi incastrati, non si sa come, sopra le nostre teste, l’importante è non toccarli.

Passiamo oltre e scendiamo fino in fondo al pozzo, mentre altri sassi fischiano giù ci ripariamo nei cunicoli laterali aspettando che scendano tutti, ci siamo, cominciamo a dare un’occhiata, non sembrano esserci prosecuzioni tranne una in cui solo Marta riesce a passare.  Da dietro la lama di roccia ci riferisce che non ci sono speranze, chiude dopo poco. Lasciamo qui il materiale trasportato, insieme ad alcune corde e altra attrezzatura già sul posto, il fondo non deve essere lontano.

Dobbiamo aver sbagliato strada, risaliamo un po’, sembra ci sia un traverso a metà pozzo, non l’avevamo notato concentrati come eravamo nella discesa. Stringe ancora, non so quanto, ma si vedono corde proseguire, si va… speriamo che sotto continui perché invertire la marcia potrebbe essere complicato.

“L’Uomo Penitente” leggo, è la strada giusta, sotto i piedi un magnifico specchio di faglia, sembra un pavimento di marmo tanto è lucido e levigato, valeva la pena di arrivare fin quaggiù anche solo per vedere questa meraviglia.

Mi tolgo dalla verticale e intanto mi infilo tra i massi della frana terminale. Ci siamo dunque, questo è il famoso fondo, grossi massi incastrati miracolosamente, tra i quali si dice soffi un’aria furiosa, ma oggi nulla, calma piatta.

Dopo poco siamo tutti di nuovo insieme, desistiamo dal provare a scavare alla cieca, proveremo a fare un po’ di rilievo, una parte è già stata fatta da Lorenzo e Matteo in una delle punte precedenti.

Saliamo rilevando dal fondo guardandoci intorno, c’è qualche finestrella interessante forse da rivedere, ma si è fatto tardi, segniamo l’ultimo caposaldo, la prossima volta si dovrebbe riuscire a completare.

In salita si fatica lungo i tratti stretti, specie all’uscita dei pozzi, siamo meno carichi dell’andata, riconosciamo i passaggi, ma siamo anche un po’ più stanchi, si suda.

Breve pausa al campo intermedio (Baitacrom) per sgranocchiare qualcosa, è il primo pomeriggio e dopo la colazione non abbiamo ancora mangiato nulla, si riparte per non freddarsi troppo.

I pozzi scaricano davvero molto, aspettiamo a turno al riparo. L’uscita non dovrebbe essere lontana, ultime strettoie, si sente l’odore del bosco.

Fuori è buio, sono circa le sette di sera, poco vento, non molto freddo, siamo un po’ ammaccati, dopo ore di contorcimenti sembra un sogno camminare di nuovo eretti.

Me l’aspettavo così questa grotta, un po’ bastarda ma non impossibile.

Caparbi e un po’ folli i suoi esploratori, da anni inseguono il sogno di entrare in quel gran mistero che è il Catria, inseguendo una corrente d’aria capricciosa con un’ostinazione che qui è al limite dell’accanimento… chissà se sarà questa la posta d’accesso al quel mondo tanto sognato.

Mirko B.

Categories: racconti

One Response so far.

  1. fabrizio p ha detto:

    la prossima volta ce vengo anche io !!!!!!!

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